Segnaliamo l'indicatore ambientale "impronta ecologica" perchè riteniamo che sia un utilissimo strumento che singoli e gruppi possono utilizzare per permettere alle persone di ragionare con la propria testa motivandole a cambiare il proprio stile di vita. Il concetto dell'impronta è molto utile per contrastare quelle iniziative che provocano squilibri ambientali e consumo di territorio come le speculazioni edilizie, le grandi opere.
L’impronta ecologica è un indicatore ideato nel 1990 da William Rees e Mathis Wackernagel e continuamente perfezionato da quest’ultimo: il WWF nel 1996 lo ha presentato in Italia traducendo anche l’omonimo libro che ora – grazie all'impegno della Rete di Lilliput - è arrivato alla quarta ristampa (Impronta ecologica – Edizioni Ambiente –2008).
L’impronta è utilizzata per correlare lo stile di vita ed i consumi di una popolazione con “la quantità di natura” che serve per sostenerli a tempo indeterminato. Questa “quantità di natura” – espressa in ettari di territorio pro capite - comprende sia le risorse naturali necessarie per mantenere quel tipo di vita e di consumi (es. campi per produrre grano, alberi per la carta, spazio costruito ecc.), sia gli spazi ambientali necessari per smaltire i rifiuti generati (es. ettari di foreste per assorbire l’anidride carbonica prodotta dalle auto); in pratica l’impronta rappresenta “il peso” (espresso in ettari di natura bio-produttiva) che ogni popolazione esercita sull’ambiente.
E’ molto interessante confrontare l’impronta della popolazione presa in esame con la “produttività pro capite” o “bio-produttività” del territorio su cui vive. Dal punto di vista dell’equilibrio ambientale se l’ impronta è minore della bio-capacità tutto va bene, se è maggiore c’è da preoccuparsi perché significa che la popolazione esaminata utilizza risorse provenienti dai territori esterni ai suoi confini. Come si vede dalla tabella se si desse il livello di vita dell’italiano medio a tutti gli abitanti della Terra occorrerebbe la produttività di più di due pianeti e questo non è possibile!
L’impronta dell’Italia è di 5 ettari pro capite mentre la biocapacità dell’Italia è pari a 1,1 ettari. Questo significa che l’Italia ha un deficit pro capite che è pari a 3,9 ettari (nello studio del 2004 era di 2,7 ettari, nel 2006 era di 4,2 ettari). In altre parole gli italiani per non gravare sul resto del mondo avrebbero bisogno della biocapacità di un po’ più di altre tre “Italie”. Fondamentale è capire che una riduzione dell'impronta non implica necessariamente una riduzione della qualità della vita: passare ad esempio da una casa con grandi dispersioni energetiche ad una casa passiva fa diminuire l'impronta e aumentare la qualità della vita. Lo stesso vale per il cibo biologico o i trasporti pubblici: una rete pubblica efficiente farebbe diminuire l'impronta e migliorerebbe la qualità della vita.
L’impronta è stata calcolata per diverse città e per varie regioni italiane tra cui la Liguria, la Toscana, la Basilicata, la Calabria, le Puglie, la Sicilia e la Sardegna. Un numero crescente di nazioni e di aministrazioni come ad esempio il Giappone, la Svizzera, l'Ecuador, stanno adottando questo parametro per definire le proprie politiche. L'impronta viene molto usata dall'Unione europea per prendere decisioni politiche: provate a cercare nel sito della UE inserendo "Ecological footprint".
Per approfondire:
1) Mathis Wackernagel “L’impronta ecologica” – Edizioni Ambiente – 4° ristampa agg. ott 2008.
2) Nicky Chambers, Craig Simmons, Mathis Wackernagel Manuale delle impronte ecologiche – Edizioni Ambiente – 2002
3) Mathis Wackernagel, Ecological Footprint Network https://www.footprintnetwork.org
4) Calcolare l’impronta ecologica personale; provatelo, è divertente...ma fa pensare!
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